Itinerari turistici
 
 

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Itinerario 1
"Tra arte e storia nel centro di Prato"
Percorso a piedi - Km: 1,3 ~ Tempo: 60 minuti circa

Lasciata l’auto presso il parcheggio di Piazza Europa, caratterizzato da un basamento con incise le distanze di Prato Sesia dalle maggiori città europee, si potrà certamente notare, di fronte, la chiesa parrocchiale dedicata a San Bernardo. Piazza Europa
Chiesa parrocchiale di S. Bernardo Si ha memoria della chiesa fin dalla metà del XIV secolo, quando era a struttura di tipo romanico, circondata da un cimitero. E’ parrocchiale almeno dal XV secolo. Tra il XVII ed il XVIII secolo fu ampliata e innalzata, assumendo l’aspetto che mantiene ai giorni nostri. La facciata attuale, realizzata sul disegno di Ercole Marietti, risale al 1870.
Il campanile venne ricostruito nel 1724 al posto del precedente, caduto per vecchiaia. Internamente la struttura è a tre navate, sostenute da 8 colonne di granito che nel 1735 sostituirono i preesistenti pilastri a muro, con sei altari in marmo, barocco. Chiesa parrocchiale di S. Bernardo
Tavola della Natività di Petrus Renulphus Tra questi spicca, alla destra dell’altare maggiore, l’altare di S. Giuseppe con una tavola della Natività di Petrus Renulphus, databile tra il 1590 e il 1592.
Accanto vi è la cappella del Rosario, sede dell’omonima Confraternita, istituita nel 1648. La cappella fu voluta da Bartolomeo Furogotti, un pratese trasferitosi ed arricchitosi a Roma. Cappella del Rosario
Tela della Madonna che dona il rosario a S. Domenico Sopra l’altare è collocata la tela della Madonna che dona il rosario a S. Domenico, opera commissionata dallo stesso Furogotti a Giacinto Gimignani, pittore toscano operante a Roma, realizzata attorno al 1648. Il dipinto è stato restaurato a Milano nel 1989 e quindi esposto nella mostra tenutasi a Torino dal titolo "I Savoia ed il Seicento".
Alzando lo sguardo si possono osservare sulla volta, gli affreschi dell’assunzione della Vergine. Nei pennacchi, Virtù, attorno l’altare i misteri del Rosario, che fanno da cornice alla tela e tutti realizzati nel 1718 dal romagnanese Tarquinio Grassi. In passato, dove ora c’è una finestra, vi era lo stemma dei Furogotti. Cappella del Rosario
Cappella del Crocefisso Percorrendo la navata verso l’uscita si trova la cappella o scurolo del Crocefisso, eretto nel 1872 su disegno di Ercole Marietti, per custodire un crocifisso, venerato a seguito di un miracolo verificatosi nel 1760.
Durante un temporale, il Crocefisso fu fatto cadere da un colpo di vento dal portico della Chiesetta, che si trova sulla collina sovrastante il paese, dove era stato portato in processione per la benedizione delle campagne, nella domenica in Albis, e venne ritrovato intatto e intriso di sudore. Il Crocefisso
L’altare maggiore

L’altare maggiore attuale risale al 1755, data in cui fu anche ampliato il coro, che divenne la nuova sede della confraternita del S.S. Sacramento.

Dal secolo XVI la chiesa custodì anche un polittico di scuola gaudenziana. Esso, oggi purtroppo perduto, risultava danneggiato già nel XVIII secolo.

Sulle volte della chiesa si notano i pregevoli stucchi di Giovanni Battista Negri, di fine XVIII secolo, commissionati nel 1792 dal parroco e dalla Compagnia di S. Marta.

Stucchi
La cappella di S. Marta Lungo la navata destra vi è la cappella di S. Marta.

All’esterno troviamo l’oratorio privato della Confraternita di S. Marta dove recenti restauri hanno portato alla luce affreschi della fine del XVI secolo raffiguranti un S. Francesco che riceve le stimmate

Oratorio di S. Marta - S. Francesco che riceve le stimmate
Oratorio di S. Marta - Affreschi dei 12 Apostoli  e, nelle lunette, i dodici apostoli.

Proseguendo in via De Amicis fino al termine si giunge all’oratorio della Beata Vergine della Quercia, questo fu fatto erigere e dotato di rendita nel 1646 da Giovanni Viocca, un pratese benestante.

Oratorio della Beata Vergine della Quercia
La tela di Giacinto Gimignani All’interno si conserva una tela di Giacinto Gimignani, realizzata nel 1646, raffigurante la Madonna della Quercia con S. Giovanni Battista, S. Michele Arcangelo ed il ritratto del committente, lo stesso Giovanni Viocca, caratterizzata da un purismo meno rigoroso, con concessioni barocche, rispetto a quella conservata nella parrocchiale. 

Il soggetto dell’opera è dovuto al fatto che Viocca operava a Viterbo, città della moglie e zona in cui era diffuso il culto della Madonna della Quercia con un antico e prestigioso santuario.

Sono presenti anche affreschi raffiguranti S. Pantaleone, S. Giuseppe, S. Defendente e S. Antonio da Padova

Affresco di S. Pantaleone
Il rione Prato Vecchio

Proseguendo poi per via Garibaldi si entra nel cuore antico di Prato Sesia, il rione Prato Vecchio con la sua stretta strada da cui si aprono ampi e caratteristici cortili.

 

 

Al termine lungo la strada detta "della Rocchetta" a ridosso della collina di Sopramonte, sbucando in Piazza Marconi, si giunge in via Fra Dolcino, appartenente all’altro rione storico, Prato Nuovo.

Il rione Prato Nuovo
L'oratorio della Beata Vergine di Lourdes Proseguendo troviamo l’Oratorio della Beata Vergine di Lourdes che fu fatto erigere come Oratorio di S. Carlo dai fratelli Carlo e Giacomo Genesi nel 1631. Carlo Genesi era un benestante che, a differenza di altri suoi concittadini, non aveva fatto fortuna altrove, ma a Prato. L’intitolazione a S. Carlo, canonizzato nel 1610 e patrono contro la peste, rimanda ai soggiorni del cardinale di Milano a Romagnano Sesia, dove vi erano le famiglie Trinchieri e Serbelloni con le quali era in relazione.

L’oratorio fu anche costruito per la devozione degli abitanti di Prato Nuovo che per le frequenti piene del torrente Roccia non potevano raggiungere la chiesa parrocchiale. Nei primi anni del Novecento dal parroco locale fu fatta costruire all’interno un’imitazione della grotta della Madonna di Lourdes, recentemente tolta.

L'oratorio della Beata Vergine di Lourdes
Il "Mulino Nuovo" Proseguendo incontriamo sulla nostra destra via Molino, la percorriamo per ammirare uno dei pochi mulini ormai rimasti in zona: il "Mulino Nuovo", risalente ai primi del ‘500, chiamato così perché fu uno degli ultimi ad essere costruito, in origine era composto da tre ruote con annessa la pista della Canapa. Il mulino, anche se costruito sul territorio di Prato Sesia, era di proprietà della comunità romagnanese.

Nella seconda metà del 1500 Prato chiese di poter acquistare il mulino, ma ci fu un netto rifiuto che costrinse i pratesi a costruire un nuovo mulino realizzato nella zona dell’attuale centrale idroelettrica. Ma l’interesse dei romagnanesi era troppo elevato, così una squadra armata fece una spedizione punitiva che portò alla distruzione di quest’ ultimo.

Il "Mulino Nuovo" - Interno
 

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